Leggere è inutile. L’arte è inutile. Pensare è inutile. Ascoltare musica classica è inutile. Scrivere è la cosa più stupida che ci sia. E per andare in cerca di “silenzio e solitudine” bisogna essere strani. Molto strani.
Qualche settimana fa una signora, commentando un mio post sul sesso nel mondo antico, mi ha chiesto: «e allora? A che ci serve saperlo?» A cosa serve in fondo conoscere la storia, il latino, leggere il Simposio di Platone o uno scrittore russo vissuto due secoli fa? Che vantaggi comporta nella vita di tutti i giorni? Il pensiero, la curiosità, l’immaginazione, l’arte, la poesia, tutto ciò che non può essere comprato, venduto, ostentato viene con ironia e condiscendenza giudicato inutile. E se voi amate queste cose, verrete giudicati strani. Avete però due strade davanti a voi.
La prima è fare ciò che fanno tutti, guardare molta televisione, seguire i programmi di cui tutti parlano, passare le domeniche nei centri commerciali, desiderando oggetti che non vi renderanno felici ma certamente più poveri. Poveri di tempo. Vivere per ammazzare il tempo, finché un giorno vi guarderete indietro e vi accorgerete di aver sprecato la vostra vita a rincorrere l’approvazione altrui, ad essere uno dei tanti. Oppure potete ignorare i giudizi degli altri, “fregarvene”, lasciare che vi ridano dietro, che vi guardino con sufficienza, ma sarete vivi.
Ricordate queste parole? “Fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza”. Qualche anno fa volevo andare a vedere la mostra di Caravaggio a Firenze. «Ma chi te lo fa fare?» mi dissero in molti. Un’altra volta invece un mio amico, credendomi di farmi un favore, mi regalò un libro di Fabio Volo. Non sto scherzando. Voleva aiutarmi, perché secondo lui “dovevo scrivere come Fabio Volo, perché così si diventa famosi”.
Oggi rimpiango il tempo che ho sprecato a dar retta ai consigli altrui. Non mi lascio più comandare dai giudizi degli altri. Se ho voglia di leggere un libro, lo leggo. Se voglio prendere un treno e farmi trecento chilometri solo per vedere la mostra di un “pittore morto” lo faccio. Se voglio scrivere “libri inutili,” li scrivo. Benedico e ringrazio questo inutile che rende bella e piena la vita.
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