Roma, 10.40 del mattino. Semaforo verde su corso Vittorio. Dovrei attraversare ma lo zaino è pesante e cambio spalla. Così rallento di qualche secondo.
Quindi mi trovo circa un metro indietro quando un furgoncino chiaro (forse di quelli a noleggio? Non lo so, sono una pessima testimone) sfreccia a tutta velocità bruciando il rosso e ignorando le strisce. Lasciandomi pietrificata dal terrore.
Secondo le statistiche muore una persona ogni 32 ore in Italia investita, spesso sulle strisce pedonali, spesso anche in presenza di un semaforo.
Nei tanti articoli che in questi giorni sono apparsi sulla tragica morte di Luca Serianni, celebre linguista, mi ha colpito la rassegnazione: il fatto che fosse stato “investito da un’auto mentre attraversava sulle strisce”, era un’informazione tra le altre, come se fosse normale questa strage invisibile e silenziosa che ogni anno uccide centinaia di persone.
È la tassa che dobbiamo pagare per vivere a mille le nostre vite sempre di corsa?
Ma quanto valgono le nostre vite? Non si riesce a imporre e far rispettare dei limiti di velocità in città, non si riesce a installare cordoli o dissuasori che potrebbero salvare vite umane, non si riesce a educare la gente al rispetto del prossimo (e questo non vale solo in tema di sicurezza stradale). Noi genitori dobbiamo combattere, spesso invano, per ottenere la pedonalizzazione delle strade scolastiche, per cercare di proteggere i nostri figli. Ma troppe volte non ci riusciamo per l’opposizione dei residenti.
Non c’è un sindaco o un politico che abbia voluto affrontare seriamente questo problema.
Non c’è un partito politico che mostri interesse.
Perché, parafrasando Churchill, i politici pensano alle prossime elezioni, non alla prossima generazione.
In foto: strisce pedonali 3D in Islanda. Anche questa può essere un’idea per costringere gli automobilisti a rispettare limiti di velocità e regole!)
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