Suore

Suore

Colleziono fotografie di Suore, e non è nemmeno la più eccentrica delle mie raccolte. Questa, in frammento, proviene da un fondo, per lo più ottocentesco, sulle Suore Comboniane di Verona.

Uno pensa che la vita di una Suora sia banale, ma quando incroci storie come questa, diventa evidente l’insufficienza della tua vita, e ti è chiaro che un tuo eventuale biografo faticherà non poco ad andare oltre un primo stringato capitolo. Assai diverso il caso di Elisabetta “Bettina” Venturini, che nasce in una frazione di San Giovanni Lupatoto (Vr) nel 1855. Bettina si fa Suora e parte per l’Egitto con Comboni. È il 1880 quando al Cairo viene scattata questa foto, nello Studio Schoefft, in un ultimo momento di quiete. Poco dopo questo scatto, mentre scende verso il Sudan Bettina cade dal cammello, e rischia di morire per una infezione. Attraversa il deserto in 18 giorni con la febbre che la tormenta, ed arriva ad El Obeid. Sono anni difficili e tre giovani Suore muoiono in poco tempo. Nel 1883 tutte sono fatte prigioniere dai Dervisci, che le denudano e le costringono a sfilare per El Obeid. Su Bettina si concentrano le torture; le sono bruciate le mani, poi è costretta in una stanza con 15 uomini nudi, per 12 giorni. Viene percossa, frustata, perde le unghie dei piedi. Quindi viene cosparsa di miele e formiche; infine si finge la sua impiccagione. Alla fine tutto si quieta, Bettina torna con le altre Suore, prigioniera. Due anni dopo è costretta dal Mahdi al matrimonio con un mercante siriano, dal quale si dice avrà due figli. Viene costretta ad indossare un chador che le lascia in mostra le sole terga. La prigionia durerà in tutto otto anni, sino al pagamento di un riscatto, e dopo molteplici tentativi di fuga. Dopo tutto questo Suor Elisabetta Venturini morirà a Omdurman nel 1937, ad 82 anni, cadendo dalle scale della Missione. In questo ritratto del 1880, spicca lo sguardo determinatissimo di Bettina seduta; uno sguardo che ne’ cammelli bizzosi, ne’ formiche affamate, ne’ quindici sudanesi nudi riusciranno a scalfire negli anni successivi. (Coll. M. Govoni)

 

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