Lo chiamano "el matt"
E' sovversivo, intelligente e manesco
Benito parla poco da piccolo, ma poi si rifà.
La mamma, preoccupata, lo porta addirittura dal dottore. A Predappio lo chiamano “el matt”, il matto. Mussolini è un ragazzino povero e problematico. Cammina scalzo, è selvaggio e pure manesco, ma ha un’intelligenza vivacissima.
È attaccabrighe, impensierisce mamma Rosa, maestra e devota cattolica. Cresce rivoluzionario e anarchico come il padre Alessandro, fabbro, socialista testa calda. Però è un accanito lettore e a scuola, quando scrive, lascia tutti a bocca aperta.
Si diploma maestro, poi si fa chiamare professore. Ma per la gente di Predappio rimane sempre “el matt”. Ha un rapporto speciale, protettivo, con Arnaldo, il fratello più piccolo, proprio il suo opposto, l’unica persona di cui si fida.
Parte per la Svizzera, in cerca di lavoro, senza un soldo. Le autorità cantonali bernesi lo arrestano per vagabondaggio. Rimesso in libertà, vivacchia lavorando come manovale o garzone e comincia a farsi notare come agitatore socialista, conferenziere e pubblicista del giornale "L'Avvenire del lavoratore", organo dei socialisti italiani in Svizzera.
Nella primavera del 1903 si trasferisce a Berna, dove la polizia lo arresta perché sospettato di aizzare i lavoratori italiani allo sciopero e alla rivolta.
Nel luglio del 1903 prende la parola in alcuni comizi socialisti nella regione e tiene una conferenza sull'ateismo. Da questo momento il ministero pubblico della Confederazione lo segnala alle polizie cantonali quale "anarchico" da tener d'occhio. A fine ottobre torna a Predappio, al capezzale della madre, gravemente ammalata. Poi rientra in Svizzera prima della fine del 1903, per non assolvere il servizio militare, e si reca a Ginevra.
Nell'aprile del 1904 evita l'espulsione e una condanna per renitenza alla leva, grazie all’intervento del Consiglio di Stato ticinese.
Si trasferisce a Losanna, dove s'iscrive alla facoltà di scienze sociali e frequenta per alcuni mesi i corsi del sociologo Vilfredo Pareto. Poco soddisfatto della sua vita di squattrinato errante in Svizzera, Mussolini rientra in Italia a fine novembre 1904. Condannato in contumacia come renitente alla leva, beneficia di un'amnistia in seguito alla nascita del principe ereditario Umberto di Savoia.
Sarà lavapiatti e giornalista. Il futuro Duce gira per le strade di Forlì a testa bassa, un cappellaccio nero in testa, il volto pallidissimo, non dà udienza a nessuno perché non ha tempo da perdere. Fa molti chilometri a piedi per andare in biblioteca, rincasa di notte per non incontrare gente. Diventa direttore della “Lotta di classe”. Verranno poi i tempi dell’Avanti e del “Popolo d’Italia”.
Nella vita privata il giovane Benito colleziona spose e maestrine, locandiere e scrittrici come Leda Rafanelli, che un giorno ebbe persino il coraggio di respingerlo. Ma il futuro Duce alla fine è uomo d’ordine anche negli affetti. Dopo tanto turbinìo la sintesi: “Solo tre donne contano, la madre, la moglie, l’amante”.
Tratto da “Il giorno” e swissinfo.ch